Dal primo maggio inizieranno i preparativi per il ritiro dall’Afghanistan dei contingenti di diversi Paesi, tra cui l’Italia. Da anni si parlava di questa possibilità mentre si era in attesa che l’Afghanistan raggiungesse stabilità e governabilità.

Il conflitto ha avuto inizio dopo gli attentati dell’11 settembre con l’operazione Enduring Freedom e i bombardamenti del 7 ottobre contro cellule di Al Qaeda e contro i talebani da parte degli Stati Uniti. Inizialmente fu un’operazione portata avanti principalmente da Stati Uniti e Regno Unito, con l’aiuto dell’Alleanza Afghana del Nord che dal 1996 combatteva contro i talebani soprattutto nelle regioni del nord-est.
A dicembre del 2001, le Nazioni Unite autorizzarono la creazione dell’ISAF, una Forza Internazionale di Assistenza per la Sicurezza che comprendeva circa 40 nazioni tra cui l’Italia. Nei primi anni questa forza internazionale ha operato solo all’interno di Kabul.
Nel 2003 il comando è passato dai singoli Stati alla NATO ed i confini del mandato della forza internazionale si sono estesi a tutta la nazione.

In questi anni sono stati portati avanti programmi di addestramento a favore delle forze afghane e di sostegno al governo Karzai, ma rimaneva anche la funzione di contrasto al terrorismo e furono molti gli scontri con i talebani. Questa missione si è conclusa nel 2014 ed è stata sostituita dalla Resolute Support nel 2015 che ha continuato il compito di addestramento e sostegno delle forze di sicurezza afghane senza però un ruolo combat. All’epoca lo sforzo complessivo è passato da un picco di circa 50 mila militari coinvolti per oltre 40 paesi a 16 mila, per la maggior parte americani con oltre 8 mila soldati, poi U.K. e Germania con oltre 1000 militari e l’Italia con una presenza che si aggirava attorno agli 800 uomini. Durante questo periodo l’Italia ha svolto il ruolo fondamentale di addestrare le truppe locali con una professionalità riconosciuta da tutti gli alleati.

Nonostante questo, l’Afghanistan resta ancora una pagina piuttosto controversa. In un periodo così lungo non sono stati raggiunti gli obiettivi inizialmente prefissati. Senza dubbio la presa di Al Qaeda sul paese si è ridotta, ci sono stati miglioramenti dal punto di vista delle libertà e della democrazia ma l’errore più grande che potremmo compiere ora è fare finta che sia andato tutto bene e non imparare nulla dagli errori commessi in questi venti lunghi anni.

Abbiamo sempre criticato le missioni in Afghanistan a partire dalla genesi, alla loro conduzione sino ai risultati che in alcuni casi non si sono rivelati nemmeno veritieri. In questi anni le vittime civili, anche se in diminuzione, sono state elevate e , forse, l’errore più grande è stato il ritardo incredibile nel cercare con forza una via diplomatica per la risoluzione del conflitto.

Il ritiro delle truppe dall’Afghanistan in realtà non è una decisione che spetta né ad un singolo ministro e neppure ad un singolo Paese e non è nemmeno qualcosa che si fa dall’oggi al domani. Di certo il MoVimento 5 Stelle ha dimostrato coerenza non cambiando mai idea sulla missione e iniziando già nel 2018 un’operazione di riduzione dei soldati impiegati. Ad oggi, se da una parte siamo contenti per questa decisione, restano ancora molti dubbi a dimostrazione degli errori fatti in questi 20 anni ed ovviamente un profondo dolore per i 53 italiani che hanno perso la vita in Afghanistan.

Tra qualche anno potremmo trovarci con una situazione forse peggiore oppure, e spero sia così, il processo di pace intra-afghano avrà successo e l’Afghanistan potrà riprendere il percorso che aveva iniziato con le riforme degli anni ’60, interrotto con l’avvento dei mujaheddin e definitivamente cancellato con la presa del potere da parte dei talebani.

In questi giorni sull’Afghanistan ho letto diversi articoli, approfondimenti e analisi. Tutte posizioni divergenti tra loro e a volte con giudizi che spesso mancano di una approfondita conoscenza e osservazione dello scenario. La regione si sta avviando verso una importante transizione e quindi condivido il piano di uscita graduale dei contingenti militari.

Non è un abbandono. È giusto che il Governo e la società afghana vadano avanti da soli dopo anni di lesson learned e sulla base di quello che il contingente NATO ha trasferito loro. Oltre ad una crescita delle capacità delle forze armate afghane grazie alla nostra formazione, oggi le donne sono presenti in settori significativi del Paese, cosa che prima era impensabile.

Sono soddisfatto per la sinergia di intenti tra Stati Uniti e NATO sulla decisione di uscita dal Paese e per l’elaborazione di una road map che consentirà a tutti i militari un ritorno a casa in sicurezza e definitivo.