L’economia globale sta facendo i conti con il fenomeno dirompente delle tecnologie Digitali. Cittadini ed istituzioni sono sommersi da termini inglesi dal sapore futuristico come data mining, Block Chain…
Nel 2005 solo il 16% della popolazione mondiale aveva accesso ad Internet. In soli pochi anni l’accesso è arrivato al 48% di cui più della metà avviene tranquillamente all’interno delle mura domestiche.
Questi cambiamenti non coinvolgono solo il settore tecnologico, ma investono settori produttivi ed inesorabilmente anche il nostro modo di vivere. Nella sfera di possibilità che la rivoluzione digitale sta portando, il nostro compito è capirne i rischi ed i possibili sviluppi.
Di questo e di molto altro, si è discuss dall’11 al 14 ottobre, nella sessione annuale dell’Assemblea parlamentare della NATO a Londra dove ho preso parte ai lavori come Presidente della Delegazione italiana.
Sull’argomento invito a leggere il draft report del collega francese Jean- Marie Bocket “North American and European Approaches to Digital Market and Cyber Security” .
Il report evidenzia come in questo settore il pensiero comune vede riconoscere alle aziende americane della Silicon Valley il ruolo leader nella corsa all’economia digitale. La rivoluzione digitale vede impegnati come attori chiave dello sviluppo tecnologico sia il mondo accademico che governativo e militare statunitense, trasformando il mondo digitale in un elemento di cambiamento sociale, economico e politico.
Basti pensare che nel solo 2015 gli Stati Uniti hanno goduto di un surplus commerciale di 161 miliardi di dollari derivati dai servizi digitali (più o meno 4 volte l’importo della manovra finanziaria italiana 2019!!!).
L’Europa non è rimasta a guardare ed in breve tempo, secondo un’indagine OCSE, sta giocando un ruolo guida in numerosi settori della rivoluzione digitale, tra cui quello del quantum computing e delle telecomunicazioni. Attualmente l’Europa si conferma il principale partner per il commercio digitale degli Stati Uniti ed il mercato più importante delle industrie high tech americane.
Sfortunatamente, come gli ultimi fatti di attualità hanno dimostrato, se non adeguatamente protetti, le infrastrutture ed i dispositivi digitali possono rendere vulnerabili le democrazie da attacchi esterni e permettere vere e proprie campagne di propaganda con conseguenza devastanti.
Guardando alla situazione italiana:
“Emerge un numero complessivo di azioni ostili più che quintuplicato rispetto al 2017, prevalentemente in danno dei sistemi informatici di pubbliche amministrazioni centrali e locali (72%). Un’analisi più approfondita degli eventi che hanno interessato i soggetti pubblici attesta un incremento pari a oltre sei volte (+561%) rispetto all’anno precedente. È stato rilevato, in particolare, un sensibile aumento di attacchi contro reti ministeriali (24% delle azioni ostili, in aumento di 306 punti percentuali) e contro infrastrutture IT riconducibili ad enti locali (39% del totale del periodo in esame, con una crescita in termini assoluti pari a circa 15 volte) (Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2018.)
Inoltre:
5200 miliardi di dollari: queste le perdite mostruose che gli attacchi cibernetici possono causare nei prossimi anni. Ma oltre ai danni economici, le ripercussioni sulle nostre vite restano incalcolabili (pensate alla violazione dei dati sensibili). Investire nella cybersecurity diventa prioritario per la protezione non solo delle nostre imprese e delle infrastrutture strategiche, ma anche per la salvaguardia dei nostri valori: l’Alleanza atlantica ha già fatti passi in avanti su questo tema e il nostro Paese sta lavorando affinché per aumentare l’efficacia nel contrasto delle minacce cyber e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione
Pubblicato da Luca Frusone su Mercoledì 3 aprile 2019
5200 miliardi di dollari: queste sono le perdite mostruose che gli attacchi cibernetici possono causare nei prossimi anni.
Ma oltre ai danni economici, le ripercussioni sulle nostre vite restano incalcolabili (pensate alla violazione dei dati sensibili).
Investire nella cybersecurity diventa prioritario per la protezione non solo delle nostre imprese e delle infrastrutture strategiche, ma anche per la salvaguardia dei nostri valori: l’Alleanza atlantica ha già fatti passi in avanti su questo tema e il nostro Paese sta lavorando affinché per aumentare l’efficacia nel contrasto delle minacce cyber e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione.
L’Europa è corsa ai ripari nei confronti del rischio di furto e cattiva gestione dei dati sensibili.
Con il Regolamento Ue 2016/679, noto come GDPR (General Data Protection Regulation) si dà per la prima volta una protezione normativa armonizzata ai dati personali.
Infatti, il GDPR nasce da precise esigenze di certezza giuridica, armonizzazione e maggiore semplicità delle norme riguardanti il trasferimento di dati personali dall’Ue verso altre parti del mondo.
Rappresentando l’Europa uno dei più grandi mercati per le tecnologie digitali, la normativizzazione dei dati ha creato tensioni e ha posto la leggificazione sulla materia come tema caldo tra i principali Paesi leader nel settore.
Basti pensare che le piattaforme digitali made in USA sono sempre di più costrette a rispettare le normative europee per poter interfacciarsi con quel mercato.
L’Alleanza è un’unione anche di valori ed i suoi membri condividono l’importanza del libero mercato e la costante ricerca per l’innovazione. I Paesi membri devono avere confidenza nelle loro convinzioni e prepararsi ad affrontare le sfide che altri paesi come Cina e Russia pongono nel dominio digitale.
La lotta per la normativizzazione deve vedere gli alleati NATO uniti in quanto anche da questo passa la sicurezza per le generazioni future.